Manifesto

1)     Economia come descrizione della realtà. Per noi l’economia e lo studio del fatto economico ha senso solo e soltanto se si considera l’economia un prodotto frutto di scelte concrete operate da persone reali. Vediamo all’economia come a una disciplina strettamente integrata e correlata alle altre discipline che studiano l’uomo, prime fra tutte storia, filosofia, sociologia, psicologia, antropologia.

2) Visione sistemica del mondo e dell’economia. Vediamo al mondo come a un sistema di sistemi. Ci focalizziamo sugli elementi di sistema della Società, cerchiamo di isolare gli elementi di base, capire come questi elementi di base interagiscano fra di loro e osservare le proprietà emergenti del sistema. Vediamo alle proprietà emergenti dei sistemi come a una risorsa indispensabile per far emergere forze nascoste di cambiamento della società. Crediamo che una visione sistemica dell’economia sia l’unica strada per rispondere velocemente alle situazioni di rapidi cambiamenti e di incertezza tipica del mondo iperconnesso e con forti interdipendenze globali.

3)     Approccio sistemico come elemento semplificatore. Promuoviamo il superamento delle visioni inutilmente complicate della realtà e dell’economia. Semplificazione non significa impoverimento e complessità non significa complicazione. Vediamo alla semplificazione come una via all’innovazione e crediamo che la semplificazione porti all’emersione di punti intermedi e zone di scambio spesso nascoste dietro a sovrastrutture ridondanti.

4)     Ricerca sul campo. Ricerca è studiare la maggior quantità possibile di risposte alla medesima domanda, identificare gli elementi che si siano rivelati funzionali e quelli che si sono rivelati disfunzionali, compendiare gli elementi funzionali entro modelli coerenti, sperimentarli e documentare accuratamente il percorso effettuato, le scelte operate e i risultati conseguiti. Per questa ragione per noi la ricerca sul campo è la principale via alla ricerca. Adottiamo un approccio antropologico, assumendo esplicitamente il ruolo di osservatori partecipanti. Solo in questo modo, partendo dalla ricerca esplorativa e nella dichiarazione dei propri valori possiamo rendere merito al valore dei vicoli ciechi e garantire di fornire risultati interpretabili e contestualizzabili.

5)     Per un ideale di Progresso, Sviluppo e Libertà. Promuoviamo un’idea di progresso inteso come perseguimento di sostenibilità economica, sostenibilità sociale, sostenibilità ambientale e sostenibilità istituzionale. Promuoviamo un ideale di libertà basato sulla possibilità offerta a chiunque di autodeterminare il proprio percorso per la felicità e per l’autorealizzazione, nel rispetto degli altri e sotto la tutela di enti di governo che assicurino protezione

6)     Rapporto col mondo naturale. Seguiamo con interesse gli sviluppi della biomimetica applicata alle scienze sociali e vediamo nel mondo naturale una fonte di ispirazione e una sorgente di idee e spunti per elaborare modelli e strategie. Lavoriamo per il superamento dell’idea che l’uomo sia “altro” dalla natura e un ospite del sistema naturale. Promuoviamo una visione dell’essere umano come un qualsiasi componente dell’ecosistema.

7)     Valorizzazione della decentralizzazione della conoscenza. Ci focalizziamo in particolare sullo studio e sulle potenzialità degli spazi interstiziali, sia fisici che sociali. Gli spazi interstiziali sono quelle zone di confine tra aree limitrofe, dove le loro caratteristiche si confondono e si sovrappongono. Spazi interstiziali che sono risorsa di interscambio e luogo di sperimentazione e di emersione di proprietà emergenti del sistema derivanti dalle interazioni deboli. Sono zone periferiche del sistema che permettono spazi di sperimentazione. Valorizziamo la decentralizzazione dei poli di conoscenza, quale risorsa per moltiplicare la diversità del pensiero evitando l’appiattimento su posizioni mainstream tipica della concentrazione del pensiero. Crediamo nella decentralizzazione della conoscenza come base strutturale per la creazione di una intelligenza collettiva permeata diffusamente nella società. La decentralizzazione dei poli di conoscenza permette una moltiplicazione degli spazi interstiziali presidiati e una diffusione sul territorio di un reticolo di relazioni che permette di superare i limiti derivanti dalla concentrazione della conoscenza in grandi poli e di produrre conoscenza condivisa su larga scala.

8)     Per la promozione del concetto di collettività, prima che di comunità. Noi amiamo le comunità. Ne facciamo parte. Tuttavia, sappiamo anche che le comunità sono spesso tentate da derive identitarie basate sull’appartenenza e sul possesso di caratteristiche disgiunte dai comportamenti individuali, che le rende escludenti e, alla lunga, le svuota e le indebolisce. Vediamo alla collettività come all’unione di persone che si riconoscano in una serie di valori e di caratteristiche frutto di scelte, quindi liberamente adottabili da chiunque. Affermiamo che il focalizzarsi sul concetto di collettività sia disgiunto dalla promozione di ideali collettivistici. Rifiutiamo la spersonalizzazione degli approcci dirigistici, vogliamo gettare semi per società auto-organizzate e decentralizzate e indipendenti.

9)     Per collettività inclusive e modelli socioeconomici orizzontali. Crediamo all’autorganizzazione come a una fondamentale risorsa per garantire adattabilità, coerenza al cambiare delle situazioni di contesto e una fonte di generazione di benessere e di eliminazione di frizioni indotte da un approccio normativo eterodiretto. Crediamo che un punto chiave per l’indipendenza sia la creazione di attività economiche che rendano l’indipendenza fattiva. Riteniamo superati e anacronistici i modelli socioeconomici basati su modelli verticistici e piramidali. Li giudichiamo inefficaci, inefficienti, viziati da asimmetrie informative e fonte costante di distorsioni cognitive. Riteniamo egualmente inefficaci sia i modelli top-down che i modelli bottom-up, perché individuiamo il vizio nella forma della piramide, non nel verso di scorrimento dei processi. Promuoviamo modelli orizzontali a responsabilità diffusa e condivisione delle conoscenze, capaci di esprimere intelligenza collettiva e dotati di organi di governo pluriattore.

10)  Per un nuovo senso civico. Il senso di appartenenza a una collettività e la consapevolezza del ruolo dell’individuo nel difenderla e tutelarla sono punti chiave per la costruzione del senso civico. Focalizzarsi sul rispetto dei singoli individui e derubicare il concetto di senso civico alla somma dei comportamenti individuali è una semplificazione inaccettabile. Il senso civico si costruisce innanzitutto predisponendo strutture sociali che favoriscano l’emersione dei comportamenti virtuosi. Questo concetto è applicabile su più livelli, dalle strutture di Governance, alle scelte urbanistiche.

11)  Per un modello di impresa basato sul valore sociale. Crediamo nel potere trasformativo dell’impresa, nella capacità dell’impresa di realizzare concreti cambiamenti sociali. Vediamo all’impresa come a una forza sociale dinamica e crediamo che l’imprenditore debba necessariamente accettare e farsi carico della responsabilità sociale che comporta l’operare una trasformazione della società. Per noi scopo dell’impresa è la realizzazione di prodotti e servizi aventi come scopo il miglioramento della società, in un’ottica inclusiva, sostenibile e democratica. Il profitto non può e non deve essere lo scopo dell’impresa, ma il naturale riconoscimento del valore immesso dall’impresa nella società. Crediamo in un’impresa che riesca a creare reti come alleanze di territorio che sappia mettere insieme persone ed istituzioni, processi partecipativi e valorizzazione dei beni locali.

12)  Concretezza e adesione alla realtà. Nello sviluppare progetti e idee partiamo da contingenze rilevabili nella realtà, sviluppiamo progetti sostenibili e fattibili, capaci nel tempo di autogenerare le risorse per sostenersi. Crediamo che le linee guida chiave per definire un buon progetto, risiedano nella correttezza di scala rispetto agli obiettivi e al contesto, nella coerenza interna, nel fatto che sia adattivo e autoregolato e che sia in grado di favorire azioni di “politiche implicite” cioè lavorare su reti come rafforzamento di alleanze di territorio o patti territoriali, mettere insieme persone ed istituzioni, processi partecipativi e valorizzazione dei beni locali.

13)  Carattere autopoietico dei progetti. Sviluppiamo la capacità di lettura del contesto e, nello sviluppare progetti concreti, partiamo da questi dati per definire il campo d’azione del progetto e definire le regole di movimento rispetto agli obiettivi. Vediamo ai progetti come a degli ambiti di libertà, entro i quali si possano sviluppare soluzioni senza schemi preordinati, a patto di rimanere entro i confini dati e a patto di rispettare le regole del gioco date a priori. Una volta definiti limiti e confini e avviato correttamente il progetto, lo sviluppo degli output deve essere autogenerato, non eterodiretto.

14)  Valorizzazione del fallimento. Riconosciamo quindi che non c’è un percorso unico tracciato per definire un modello di progresso. Ci sono tante vie, tante quante ogni singola individualità, che definiscono linee di sviluppo legate al contesto locale, che possono assumere rilevanza globale nell’interazione che si viene a creare tra di loro nel tentativo di rispondere a bisogni generali e coincidenti. Non esistono strade che non valga la pena percorrere, perché ciascun vicolo cieco è un tassello fondamentale nella costruzione di una mappa della realtà e nell’individuazione di una o più vie allo sviluppo. Il successo di un approccio è il frutto diretto dall’insuccesso di mille altri, che danno indicazioni chiave per evitare determinati errori, esistono sempre “minacce” alla realizzazione di un progetto ma esistono anche insospettabili rimedi (metafora generale).

15)  Valore dei modelli. Crediamo nel valore dei modelli, come strumento per indirizzare l’azione e permettere la riproducibilità e adattabilità. Un modello rappresenta una formalizzazione di una teoria, ma anche una descrizione concreta dei passaggi fondamentali per mettere in pratica un intervento. Rifiutiamo una ricerca sociale fatta di elencazioni di casi esemplari. La descrizione dei casi di studio è utile per descrivere le realtà che hanno ispirato un modello e rendere merito a chi abbia iniziato determinate strade, se anteriori al modello, o per comprendere come un modello possa calarsi in un contesto, se frutto dell’applicazione del modello. Crediamo nella generazione di scenari come strumento chiave per definire strategie di intervento. Vediamo alla combinazione di modelli e scenari come una risposta flessibile, efficace all’esigenza di progettazioni di ampio respiro in contesti di incertezza e la via per garantire fattibilità, scalarità e trasferibilità alla progettazione sociale e socio-economica.